Ho discusso, tempo addietro, in piazza Sanità, con un ex assessore del Comune di Napoli. Hanno filmato tutto e gentilmente mi hanno inviato la registrazione. In un passaggio il politico mi dice che “noi le cose le facciamo, poi se voi le distruggete…”. Non riesco a trovare il dvd, ce l’ho da qualche parte, chissà dov’è.
Siamo militarizzati da diversi mesi, cinque, sei, sette non ricordo. Si alternano, ma spesso stanno tutti assieme i carabinieri, la polizia, la guardia di finanza, la polizia municipale. Eppure ieri c’è stata una stesa a vico Gangiani, una ennesima resa dei conti con intimidazione. “Antonio scrivi qualche cosa”, ma cosa? Cosa devo inventarmi per non far dire più stupidaggini del genere?
L’esempio dell’accerchiamento che vive il rione è lampante per far comprendere che il “noi/voi” è superato di gran lunga. Il politico si difende. Io mi difendo. Quindi? Emerge l’incomprensione? NO! Emerge invece un discorso statico, che si attanaglia su se stesso, un ingarbugliato non senso che produce effetti devastanti. Non si va né avanti né indietro. Lo stallo che vive il quartiere è vecchio di 40 anni.
Non mancano soluzioni, non mancano idee. Infatti la rivoluzione della Sanità ha qualche ingranaggio che ricorda i Modern Times. Sul carro ci vogliono salire tutti, se poi c’è una ruota che cigola… pazienza. Ecco il dilemma direbbe il poeta. Ma sant’Agostino, come ho riportato nella pagina dei “contatti”, è chiaro sui tempi dell’anima: per lui il passato del presente è l’attesa, così come, allo stesso modo, la gente del rione è in una perenne, astrusa, invertita, tragicomica mobilità della coscienza. [+blogger]