E’ più triste vedere un ospedale pieno di gente o un ospedale vuoto? Qualche giorno fa ho visitato l’ospedale san Gennaro dei poveri.
Un tempo, quando entravi nel grande cortile, perentoriamente una folla ti assaliva, i camici bianchi si mischiavano con i volti preoccupati dei familiari dei ricoverati. Ogni quarto d’ora una ambulanza trasportava un malato. C’erano i guardiani e il posto di polizia all’ingresso. Dieci ambulanze sparse, l’allarme che spesso suonavano dell’ascensore impazzito e bloccato. Reparti all’avanguardia come quello vasco-circolatorio, la maternità, la medicina d’urgenza. In pomeriggio gli enormi finestroni luccicavano di neon a luce fredda, dal cortile potevi sentire le migliaia di televisioni accese, una, due, tre per ogni stanza.
Oggi c’è il vuoto, la foto scattata in uno dei reparti del nosocomio è indicativa. L’anomia di un luogo che può essere considerato artistico: vuoti i reparti, vuote le scale, gli ascensori, gli ambulatori; vuoto il Psaut, i cessi, il consultorio, le sale operatorie… vuoto dentro. Più bello? più brutto? Un secondino che pulisce un’ala del reparto con impegno mi ha detto, “lavo sempre, anche se non sarebbe il caso”.
Se è vero che la civiltà di un luogo si misura attraverso i servizi e l’assistenza, allora la domanda di cui sopra non ha senso. Di questi non-sensi è pieno la nostra mente, così come quel vuoto che mi fa ripetere continuamente: è più triste vedere un ospedale pieno di gente o un ospedale vuoto? [+blogger]