Sono un insegnante di italiano che ha poco a che fare con il computer, con la connessione e con la banda larga. Oggi mi trovo ad insegnare a distanza, devo farlo, mi faccio aiutare da mio figlio quando la mattina è in casa, in verità, pochissime volte visto che lavora in un supermercato. Sono da sempre difensore del modello classico d’insegnamento, difendo la classe, i banchi, l’aula e i libri. Ma da quando questa pandemia ci ha colpiti, ho capito che la didattica a distanza è importante, così come sapere usare il computer e gli altri aggeggi interconnessi. Non so come fare, la mattina devo svegliarmi un’ora prima per potermi connettere e avviare la chat o la webcam e stabilire una connessione con tutta la classe. Ho problemi d’udito e spesso i ragazzi non ricordano di spegnere il microfono, un suono invadente che mi stordisce quando tutti parlano contemporaneamente. Capisco le mie difficoltà ma oggi è il momento “ideale” per imparare e riformare tutto per non permettere una scuola di serie a e una di serie b.
L’insegnante ha ragione, bisogna riformare e rivedere tutta la didattica a partire dai programmi e dai rapporti professori/alunni. Proprio nel momento di massima crisi, dove tutti protestano avviando una specie di involuzione progressista (l’imprenditore oggi si sente povero e discriminato come l’impiegato o l’operaio o il disoccupato), bisogna avere il coraggio di affermare che la scuola, così come la Sanità Pubblica, è un disastro preordinato e voluto, affermare una colpa senza precedenti e imprimere con forza un nuovo metodo, una nuova forma di comunità assistenziale e un nuovo modo di fare didattica. Stamattina ho letto il giornale di ieri, un pezzo sulla forza del fare nel momento del bisogno contro tutto e tutti. L’articolo cita la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale che è stata fatta negli anni più bui della nostra Costituzione: mentre si manifesta con tutta la sua forza la P2, mentre ammazzano Aldo Moro, mentre si prepara la strage di Bologna, viene approvata una delle leggi più importati della storia dell’Italia: la legge Basaglia. Con questo non voglio affermare che insegnare tramite un computer è meglio che farlo di persona, ma quanti insegnanti italiani hanno criticato (e lo fanno tutt’ora) il demone internet, laptop e videochat? Oggi qualcuno deve rivedere queste affermazioni. In secondo luogo, se i cambiamenti ci sono, se i rapporti cambiano, e lo smartphone già ha avviato questo tipo ti cambiamento, bisogna darne atto e al massimo fondere il sapere vecchio con quello nuovo. Mi rendo conto che non è facile, il profumo di un libro, il contatto con la copertina, così come il contatto fisico, un bacio con la lingua, per il momento non possono essere sostituiti, ma quando si gridava al demone della tv o della radio, qualcuno con pazienza e genialità, aveva saputo costruire i rapporti tra il vissuto – qui ora – e il reale che sta dall’altra parte, tanto da inventare fotoromanzi, radio documentari, cinema. Ora invece questa crisi mette tutti in disaccordo (il contrario di quello che è successo a Marzo di quest’anno): il Governo scarica la colpa sulle Regioni, le Regioni sulla gente, così i poveri si scannano per mangiare e per curarsi. Siamo in un’epoca dove gli errori li commettono solo gli altri. Vecchio escamotage, nuova democrazia. [+blogger]