Non è mai capitato, è da un mese che non pubblico qualcosa su questo blog. Quasi quindici anni di attività “persa”. In verità, c’è un motivo che mi angoscia: sono stanco di leggermi da solo. Ho iniziato a scrivere per conto mio, su foglio word, migliaia e migliaia di parole lette, rilette e rilette ancora. Sono contento di criticarmi e cambiare, quando non mi va, senso o preposizione. Addirittura ho iniziato a trasformare l’intera pagina. Ho scritto un racconto (diversi racconti), non mi è piaciuto, l’ho modificato, riletto, rimodificato e alla fine mi sono reso conto di aver scritto tutto e il contrario di tutto. Mi diverto da solo. In realtà questa mi sembra una critica vittimistica, come per dire: non mi leggete, chi se ne fotte. Ma non è così. Una delle questioni che più mi aiutano a vivere sono le discussioni. Interagire, parlare con qualcuno o con molte persone, criticare, elogiare, schifare. Ho amato molto internet e la sua possibilità democratica. Ma ricordo benissimo che quando intrapresi la “carriere” di blogger, molti chiudevano i loro siti. Il blog “non si portava più”. Mentre aprivo con le credenziale alcuni social, altri li abbandonavano. Non vi nascondo che non so come sia andata a finire per quest’ultimi. So soltanto che mi sono appassionato al mio quartiere, senza linguaggio retorico e sensazionalismi. Anche il sentimento mi è parso fuori luogo. Avrò sbagliato alcuni articoli, altri sono superati e molti sono stati scritti male in italiano.
Evidentemente ho vissuto il superamento di una condizione di entusiasmo digitale. Lo è stato già all’ora (quando ho creato questo sito), anche se non lo immaginavo neppure. Sono contento che oggi tutti scrivono e tutti leggono. E’ l’epoca di una super informazione cercata, vissuta, falsa e vera. Ma d’altronde l’informazione è sempre stata così, un po’ falsa, un po’ vera. Come tutte le notizie smisurate che sono circolate, e che circolano tutt’ora, nel rione Sanità. Questo gonfiore mi ha sfiatato, iperbole di una condizione di disumana letteratura. Esagerare per il gusto di mortificare, di isolare, di sterminare la realtà. Allora se tutto ciò è ancora appetibile, meglio esagerare-contro, non urlare, come ho proposto in precedenza, ma scrivere un rigo alla volta, riscriverlo, cambiarlo e scrivere esattamente l’opposto. Confondere: ecco il termine esatto. Se chi ha scritto qualcosa riferendosi al rione Sanità, e ha anche confuso le carte, solo perché non conosceva l’argomento e/o faceva finta di conoscerlo; oppure chi ha sentenziato o cercato capri espiatori; chi ha etichettato inconsapevolmente o per il gusto di esaltare, l’ha fatto e lo farà ancora leggendo quest’articolo, traendo i suoi giudizi contorti definiti dalla realtà e dalla verità. [+blogger]
Di tanto in tanto, quando mi appari in home, ti leggo volentieri! E alcuni tuoi articoli li trovai interessanti.
Anche io qualche volta ho scritto di Napoli, anzi, aneddotti accadutomi o anche poesie ispirate dal nostro bel paesaggio.
Credo che scambiare lettura con blog che ci interessano, aiuta anche a mantenere vivo il nostro 😊
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Grazie del commento. Non è un argomento personale ma il rifesso di quello che sta succedendo nel mio quartiere. Il turismo porta con se solitudine e trasformazioni irreali. Molti nel rione “urlano” senza speranza. Quando togli la storia a un luogo togli la realtà e le rappresentazioni che sono parte di un popolo. Affronterò questo tema in in prossimo articolo.
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