Il garage sotto o dentro le cavità greco-romane. Le auto, quasi tutte di piccola cilindrata, affollano, a destra e a sinistra, le pareti picconate del tufo giallo. Fai fatica a vedere il colore, ma ti accorgi delle meraviglie man mano che scendi negli inferi sotterranei. Il quartiere sottosopra, tutto ed il contrario di tutto, come la vita, l’esistenza, la filosofia. Le auto entrano ed escono come soldati in fila, lo smog si disperde, esce l’acqua dalla pareti, è buona da bere, è pura, è filtrata.
Sopra il sole brucia le inferriate del ponte della Sanità, sotto invece c’è il fresco, e l’umidità raggiunge l’ottanta per cento. Sessantanove – sott’ ‘e n’copp – la smorfia recita da anni un numero che ha deciso di non esistere. Le storie si susseguono all’infinito, così come la vita e la morte. Niente paura questo è solo un messaggio, corna a parte, uno di quelli che si legge tutto d’un fiato. Che paura può mai fare un garage, un dormitorio di pubblica utilità?
In sostanza il rione ha dormito per quarant’anni senza mai accorgersi delle sue meraviglie. Ora tutti conoscono le bellezze e così come si spreme una vecchia puttana, oggi si spreme il quartiere a suon di euro e di fesserie. La gente è contenta, ma non troppo. L’immagine claudicante dei redentori, che per ipocrisia ossessionano la civiltà, la invertono come l’immagine di un dio capovolto. L’incanto ha radici lontane, tutto rinfrescherà, come le acque della lava dei Vergini. [+blogger]