Come di consuetudine girio per le strada del quartiere. Il percorso è quasi obbligato. Ieri mi è venuta voglia di fumare, appena accendo la sigaretta sento una voce: “ma può offrì una?”. Di fronte a me una persona della mia stessa età, di statura bassa e magra, il viso sofferente, ho notato che aveva un problema alla bocca. Subito dopo mi guarda meglio e dice: “ma tu si Gennaro?” No, gli rispondo, sono Antonio. “Ah si, si Antonio, m’ero scurdato o’ nomme tuoie”. Con uno sguardo strano e profondo continua a fissarmi. Gli dico: ma tu sei il fratello di Franco e Maurizio?!, … “pur ‘e Michel'” ribadisce con disinvoltura. Ricordami il tuo nome, anche per me gli anni passano. “Giuseppe”.
Con Giuseppe rimango per diversi secondi in silenzio, è lui che lo rompe dicendomi: “Mo tu parl’ pure l’italian?!”. Inseme ridiamo, ma quel riso non è divertente, per lui è amaro perché subito dopo mi dice “tu si stato sempre ‘e bona famiglia, se vedeva già quanno iro picirillo”. Gli domando facendomi coraggio: dove seni stato tutto questo tempo? Non esita a dirmelo: “so asciuto ‘a poco, aggio fatto 17 anni”. Lo sguardo di Giuseppe è ancora più loquace: “nun voglio arrubbà chiù… ma faccio n’a fatica pe m’accattà nu pacchetto e sigarette”. Sento una strana sensazione. Ha lo sguardo triste, gli occhi sofferenti, ma sorride con le sue labbra piccole e i suoi denti consumati. Con quel sorriso, quella deficienza dentale, mi chiede in modo veloce: “me può da coccose?”. Mi spiazza, lo saluto e vado via.
Riprendo la mia camminata. L’aria è fresca, in primo pomeriggio nel quartiere, per fortuna, ci sono poche auto. C’è silenzio, ma nella mia testa continuo a vedere Giuseppe, sono soprattutto le sue labbra un po’ amareggiate, dopo il mio rifiuto, che continuo a ripensare. Come se mi avesse seguito, ma in realtà ero io che avevo fatto di nuovo la stessa strada, lo incontro con degli amici in un palazzo. Lui esce, mi riguarda con quello che a me è sembrato affetto, continuo facendo finta di nulla. Giù al vicolo c’è un tabaccaio, entro e compro un pacchetto di sigarette. Risalgo e passo per ben tre volte vicino al palazzo dove ho incontrato Giuseppe. Voglio dargli le sigarette ma non ci riesco. Prendo l’auto e vado via. Nel frattempo ho fumato un’altra sigaretta dal nuovo pacchetto… pacchetto che ho intenzione di regalare al mio amico d’infanzia. [+blogger]
C’è sempre un “occhio” che guarda e scruta la realtà, in qualsiasi forma o materia essa sia, finisce per plasmare un incantesimo che scaturisce dalle parole e dal pensiero. Un semplice incontro traccia l’esistenza più profonda e recondita. NOI siamo.
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