non è razzismo quello del nord

Feltri non è un razzista, fa solo il suo lavoro e lo fa molto bene. Così come la trasmissione de “Le Iene” che ha mandato in onda un servizio su napoli e la spesa sospesa della camorra. I formati pubblicitari funzionano così, non c’è nessuno scandalo a pensare che bisogna vendere piuttosto che informare. In questo periodo così tragico, l’acuirsi di frasi razziste a puntate, preconfezionate e senza badare troppo alla forma, sono regali agli inserzionisti pubblicitari. Servono per far ridere e arrabbiare quanta più gente possibile. Ho riletto più volte le dichiarazioni di Vittorio Feltri. Quando afferma che: “credo che i meridionali in molti casi siano inferiori…”. Giordano ripete: “Direttore non puoi dire questo … mi cambiano canale!”. La risposta di Feltri è cruciale per capire le sue intenzioni, infatti dice: “non ti cambiano canale, quando io dico queste cose non cambiano canale, stanno lì di più per odiarmi maggiormente”. Risata del presentatore a quest’ultima affermazione. Vittorio Feltri non rappresenta la Lombardia né i Bergamaschi, anche se lui lo crede fermamente.

Questo spettacolo serve per la pubblicità prima e dopo, serve perché sono gli inserzionisti che hanno deciso a chi vendere e cosa vendere e soprattutto a che prezzo venderlo. Lo spot va avanti e Feltri e Giordana, così come le loro rispettive redazioni, intascano milioni di euro. Così come il servizio delle Iene andato in onda l’altro giorno con la firma di Giulio Golia. Al minuto 4,25 una signora di Scampia dichiara del balcone che “a noi ci aiutano le persone del territorio e il comitato delle Vele”. Golia ribadisce: “Ma la voce che gira che vengono anche altre persone a portare i pacchi?” E la donna. “Le associazioni, la chiesa…”. Ma il cronista ripete. “Solo le associazioni? la camorra no?”. La donna risponde decisa: “No, non esiste proprio, la camorra è finita, e noi ne andiamo fieri”.

In questo caso l’ipotesi di ricerca di Giulio Golia, che le associazioni che portano la spesa siano gestite dalla camorra, sembra crollare, ma subito dopo parte l’intervista al sostituto procuratore della DDA di Napoli, Catello Maresca che afferma: “Quando tu vai nei posti dove c’è la criminalità organizzata, ti dicono che non esiste” (qui parte un taglio del montaggio, cioè il precostituire un format ad hoc). Il sostituto procuratore continua: “questo è l’indice, la spia del fatto che invece ci sono dinamiche che purtroppo sono diventate rodate ed accettate, che sono difficili anche da denunciare”.

Partendo da quest’ultima affermazione di Maresca, e prendendo come esempio la città di Brescia, pongo una domanda: chi afferma con tanta convinzione che in questa città del nord esiste la criminalità organizzata? Vallo a chiedere ad un bresciano e vedi cosa ti dice. Eppure l’azienda che ha scaricato e sotterrato illegalmente in Campania 18 mila tonnellate di rifiuti tossici è una azienda appunto di Brescia. Nell’inchiesta riportata da “L’Espresso” si può leggere chiaramente: La camorra ha fatto risparmiare capitali astronomici alle imprese del nord Italia. Secondo le Procure di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere, 18 mila tonnellate di rifiuti tossici partiti da Brescia sono stati smaltiti tra Napoli e Caserta. In quattro anni un milione di tonnellate sono tutte finite a Santa Maria Capua Vetere. I rifiuti trattati negli impianti di Milano, Pavia e Pisa sono stati sotterrati in Campania.

Adesso andiamo a [ri]chiedere ai poveri cristi di Milano, di Pavia, di Pisa, soprattutto oggi ,in questo periodo così precario, se nelle loro città esiste la malavita organizzata… Beh, su affermazioni del genere i format pubblicitari si giocano milioni se non miliardi di euro. Essi hanno ben capito dove la notizia scorre veloce e intasca soldi e dove invece l’informazione non ha un guadagno perché priva di sensazionalismo. E’ una storia vecchia su cui soprattutto le tv private, ma in parte anche quella pubblica, basano tutto il loro guadagno. Mi viene in mente un altro esempio, parlo delle Iene, ma questa volta non del programma di canale5, ma bensì del negozio in via Sanità, che qualche anno fa fu bersaglio di Barbara D’Urso. Riporto interamente l’articolo che scrissi il 26/02/2011.

Ieri la trasmissione di Barbara D’Urso ha mostrato come il proprietario un negozio della via Sanità s’è inventato il costume di carnevale di Michele Misseri vendendolo completo di Cappello da “contadino” e corda per strozzare. L’inventore e proprietario del negozio si è giustificato dicendo: “anche alla via Tribunali ogni sorta di pastore natalizio, buono e cattivo che sia, è pubblicizzato e venduto… Bin Laden, Bush, Gheddafi ecc, ecc”. In realtà il proprietario del negozio del rione sanità non ha tutti torti. Oltre al fatto che i “pastori” di cui sopra si sono macchiati dei più efferati delitti contro l’umanità, senza che nessuno della televisione li abbia mai criticati, fa comunque specie che, le trasmissioni mediaset, critichino questa situazione quando invece sul delitto di Avetrana costruiscono, giorno per giorno, pagine di un nutriente gossip degno dei migliori film dell’horror. Non c’è programma che non parli di Misseri e della sua famiglia, specialmente la D’Urso che, in questo modo (e non ci voglio gli angeli per capirlo), costruisce il suo palinsesto mediatico trattando il caso come una normale inserzione pubblicitaria. La routine televisiva contribuisce poi a “normalizzare” l’evento che, con il passare del tempo, diventa mito, diventa umano, diventa reale. È lo stesso discorso, come dire: sputa che in faccia ti ritorna! Sul delitto di Cogne, e su quello di Omar e Marica, Vespa ha pubblicizzato milioni e milioni di euro, come le stesse trasmissioni di canale5, rete4 e Italia1. Centinaia di ore televisive trasmettono sempre le stesse cose; un tormentone che, dopo un pò, fa nascere la voglia alla Franzoni di creare un asilo nido e di scrivere un libro, mentre Marica riceve un nuovo fidanzato e vari comitati che la difendono. Ecco i nuovi mostri, ma questa volta c’è qualcosa in più: essi non sono gli stessi creati dalla genialità di Dino Risi; questa volta c’è un valore aggiunto che supera di gran lunga la fiction cinematografica e/o televisiva: è la S.T.U.P.I.D.I.T.A’. [+blogger]

 

 

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