Giovedì 18 sono stato invitato ad una mostra nel Museo di Capodimonte. Ha esposto i suoi dipinti e le sue sculture Paolo La Motta. Ho deciso di partire a piedi da piazza San Severo e successivamente salire ‘a sagliuta do presepio/salita Capodimonte. Una bella faticata, ma ne è valsa la pena. Prima di entrare nel Real bosco di Capodimonte e dopo nello splendido museo, ho attraversato salita Cinesi, inerpicandomi di proposito sulle tre discese famosissime, ho ricordato i film “Ieri Oggi e Domani” e “L’Oro di Napoli”: Sofia Loren e la sua pancia indomabile così come il balletto che Totò improvvisa dopo aver cacciato il guappo da casa sua. Sul giardino degli Aranci, chiuso ormai da tempo, la colata di tufo ti attrae così come le finestre o i balconi che vi si incastrano isolati. Sono pronti a saltarti addosso, è quasi fantascienza l’architettura povera del luogo. Ancora più ripido la via Guido Amedeo Vitali, stretta e lunga, come la salita Capodimonte che ad un certo punto raggiunge pendenze proibitive. L’irregolarità del luogo ti “affattura”, come scriveva Padre Giuseppe Rassello nel suo libro. La strada che arriva fino a Porta Grande è straordinaria, odora di antico, con i suoi balconi e le sue finestre illecite, i bassi improvvisati, il vecchio acquedotto e qualche negozietto rasserenato; salita Capodimonte alla fine si bacia con l’altra omonima salita del Moiariello – splendida, radiosa, in parte incontaminata. Di fronte il bosco, ed infine il Museo.
Non sono un esperto di arte, ma l’entrata è bellissima. Le stanze chiaroscure ti portano direttamente di fronte a Caravaggio. Infine, sculture, una stanza bianchissima e in fondo, su di una scalinata, la mostra. Parla il direttore, parla Paolo e la gente applaude. Guardo le raffigurazioni e mi soffermo sul ragazzo ucciso qualche anno fa. La Motta l’ha dipinto e ha fatto diverse sculture, una in piazza Sanità. Genny Cesarano è nato nel palazzo dove ho abitato per più di trent’anni, quello della via santa Maria Antesaecula. Spesso l’ho incontravo per le scale, seduto con qualche ragazzina. Genny era un bel ragazzo, educato. Nessuno ci aveva mai presentato, ma quando mi vedeva mi salutava sempre. Ho già scritto che non mi intendo di arte, ma la statua scolpita da Paolo ha qualcosa di “strano”: il volto, la testa, gli occhi, partecipano vivi nelle mani dell’autore, che l’ha ritratto in diverse prospettive. Di fronte ha il volto di un adulto, così come il profilo di sinistra, quello invece di destra ricorda più un bambino, ricorda più Genny, ma Genny – quand’era vivo – si muoveva da adulto e rideva da bambino. Infine la nuca, la testa arrotondata, ricorda una poesia di Alda Merini: Io ero un uccello dal bianco ventre gentile, qualcuno mi ha tagliato la gola per riderci sopra, non so. Io ero un albatro grande e volteggiavo sui mari. Qualcuno ha fermato il mio viaggio, senza nessuna carità di suono. Ma anche distesa per terra io canto ora per te le mie canzoni d’amore. [+blogger]

Scultura dedicata a Genny Cesarano