la ricchezza dei guantai

vallata sanità

I Capitolo

La storia del quartiere Sanità inizia quasi contemporaneamente a quella della città di Neapolis. La presenza di tombe ellenistiche de IV e III secolo a.c., di cui alcune già conosciute dal 1700, sono la prova di una collocazione cimiteriale. La caratteristica di necropoli continuerà a mantenerla anche nell’età paleocristiana, con la presenza di catacombe: antichi cimiteri, scavati nella roccia tufacea, dove i primi cristiani seppellivano i morti.

La scelta di fare di questa zona un’area cimiteriale non è casuale, poiché la caratteristica fisico-meccanica del tufo permetteva un facile scavo. Ecco un’altra spiegazione di una rete cimiteriale, ancora tutta da scoprire, che va dalla fondazione della città fino all’età ducale[1].

Partendo da una breve introduzione del lungo processo di trasformazione territoriale del rione, si può iniziare a descrivere come l’azione dell’acque piovane, che dalla collina del Vomero e dell’Arenella, ma anche da quella di Capodimonte, scendendo verso la vallata ed erodendo il suolo proprio per le determinate caratteristiche di quest’ultimo, rimodellò quasi per intera la struttura originaria, conformando diversi canali d’uscita verso il mare. Infatti, l’antica morfologia della Sanità sarà rivoluzionata ancora dalle numerose abitazioni che sconvolgeranno l’intera zona, quasi irriconoscibile se si fa riferimento alle antiche carte topografiche di Lafrery (1556) e quella del 1775 del Duca di Noja.

Nel libro di Alfredo Buccaro si stabilisce che “Sulla scorta dei dati storici, è possibile definire quale borgo dei Vergini l’ambito urbano che, cinto dalle colline di Miradois, di Capodimonte, dello Scudillo, della Stella e di Materdei, si sviluppa su un fondo valle naturale, con aree pianeggianti […].
Trasformato nel corso dei secoli sia ad opera delle lave, sia dalla mano dell’uomo […] distingueremo un tracciato primario, di più remota origine – facente capo al sistema stradale con asse su via Vergini e alle propaggini di via Cristallini e via Arena alla Sanità – da un altro secondario, da intendersi quale risultato delle numerose operazioni edilizie” […][2].

Il nome del rione Sanità ha le sue origini dal titolo dell’affresco scoperto nel 1577, in seguito ad un violento nubifragio che fece franare alcune zone a ridosso delle colline aprendo alcuni sepolcri, che in realtà erano dei cimiteri dell’età tardoantico. La scoperta dell’affresco, che raffigura la Madonna con in braccio il Bambino, risalente probabilmente al V secolo, è attribuita ad un giovane contadino che sembra passasse proprio nel momento in cui tale evento si verificò. L’antico nome Sanità è anche fatto risalire, secondo il Capaccio, alla salubrità del luogo, che nel medioevo rappresentava la parte meno affollata della città[3]. Ma anche questa interpretazione sembra essere smentita da Renato Romano che scrive: “C’è da dire che il toponimo Sanità è abbastanza oscuro, tanto che gli studiosi hanno avanzato le ipotisi più disparate. La tesi più ovvia è che esso si debba alla salubrità del luogo, ma, anche se logicamente accettabile, tale interpretazione appare improbabile, se solo, con uno sforzo di immaginazione, si cerca di ricostruire il paesaggio come doveva essere prima che la massiccia urbanizzazione degli ultimi due secoli facesse completamente sparire la vegetazione. Ci si potrà facilmente raffigurare dei valloni ombrosi ed umidi, ricchi di felci, dal suolo reso instabile dalle acque piovani defluenti dalle sovrastanti colline. Tenuto conto anche del fatto che, in basso, corrispondente a via Foria, vi era il fossato delle mura, sembra proprio che Sanità da salute, sia da scartare[4]”.

Per quanto riguarda il toponimo del Borgo Vergini, la versione ufficiale lo spiega in relazione del fatto che nel quartiere vi erano presenti le fratrie degli Eunostidi e degli Eumelidi[5], uomini che consacravano la propria vita in totale castità al dio Eunosto. Un’altra interpretazione, non ufficiale, sul titolo del Borgo, ritiene che sotto il complesso dei padri della Missione ai Vergini, sarebbe stata rinvenuta, negli anni ’50, un antico sepolcro delle vestali, donne che consacravano la loro vita, in totale verginità, alla dea Vesta. Ovviamente l’interpretazione non è affatto riconosciuta dagli storici, anzi, per la verità, essa è priva di fondamenta[6].

L’antica area è testimone di molti ritrovamenti storici, come confermano le necropoli che attestano la parte cimiteriale fin dalle origini del neolitico. I molti luoghi cimiteriali nascono sia per la vicinanza alla Neapolis sia per il fatto che la zona, come del resto tutta la città, è interessata da un tipo di roccia, il tufo, che grazie alle sue proprietà, permetteva l’estrazione per la costruzione destinata alla città.

A partire dal IX secolo questa parte di Napoli venne totalmente abbandonata e rifiutata in quanto zona cimiteriale (anche se proprio in questo secolo inizierà la costruzione del monastero benedettino di San Gennaro extra moenia) e, nel 1200, tale vallata sarà ancora ricoperta di natura spontanea. Fu Carlo I d’Angiò a programmare il primo ampliamento della Capitale a settentrione,
dimostrato anche dalla presenza di chiese gotiche. Alla morte di Carlo I, Carlo II d’Angiò, pressato soprattutto dalla nobiltà francese, mise da parte il progetto del padre, che sarà ripreso solamente intorno al 1500, iniziando il processo di espansione del territorio. Antonella Ferri Missano mette in
evidenza come “Antonio Bellucci, Giovanni Scherillo e Andrea De Jorio studiosi della fine del secolo scorso  [XIX secolo], che concentrano i loro interessi sui complessi cimiteriali paleocristiani della Sanità, individuarono catacombe a San Gennaro dei Poveri, a San Gaudioso[7], a San Severo, a vicolo Lammatari, a Sant’Eufebio[8], a San Vito[9] e ancora a Santa Maria del Pianto… [Quindi si può anche confermare che] La valle Sanità potrebbe ben chiamarsi la valle delle tombe[10]”.

Intorno al 1400 nascono dei grandi palazzi nobiliari e diversi complessi ecclesiali, che amplieranno maggiormente il quartiere. Quindi la nobiltà napoletana instaura i suoi primi beni nel rione già a partire dal XV secolo; infatti è di questa epoca il palazzo Traetto, che ha origine proprio dal nome dei duchi di Traetto, una località vicino Gaeta. Del 1500 è l’altro palazzo, quello dei Lopez, fatto costruire, come residenza estiva, da quest’altra famiglia nobiliare.

Intorno al 1500, invece, incomincia il processo d’urbanizzazione, e sarà proprio in questa epoca che si verificherà un importate evento che darà inizio alla nascita dei quartieri napoletani. Attorno ad essa sorsero le prime confraternite, i primi ospedali e i primi complessi conventuali, ed è indubbio
che l’intera zona si andò organizzando urbanisticamente a partire dalle catacombe, così come è evidente ancora oggi una certa concentrazione dei nuclei d’insediamento attorno alle due principali costruzioni religiose, la basilica di San Gennaro extra moenia e quella  di santa Maria della Sanità[11].

Napoli, in quanto capitale del Viceregno, e in quanto centro di commercio, vide confluire migliaia di persone e contadini dalle zone limitrofe in cerca di lavoro; fu così che la città, che appena poteva contenere  centomila abitanti, vide il numero delle persone quadruplicato, e fu così che molte malattie e pestilenze si espansero a macchia d’olio sul territorio. La sovrappopolazione fece in modo che migliaia di uomini e donne si riversassero nelle periferie iniziando quel fenomeno corrispondente ai primi insediamenti in aree non centrali e facendo nascere, o meglio, dando origine alla costruzione dei borghi come il borgo Loreto, il borgo Limpiano, borgo Vergini, borgo di
Sant’Antonio (bisogna ricordare che la costruzione dei borghi napoletani si sviluppa autonomamente e l’edilizia più povera occuperà parte della città che rendeva poco conveniente l’ubicazione di nuove fabbriche nobiliari e religiose[12]).

La riscoperta di questa zona cimiteriale, in realtà, non è casuale. Con i grandi lavori del Concilio di Trento la chiesa fu motivata da un ritorno alle origini; alle catacombe e agli ossari, con il ritrovamento dell’affresco della Madonna, doveva essere dato un giusto risalto, sia per l’importanza storica che per quella religiosa. Ed infatti così fu. Sia l’espansione che l’urbanizzazione prenderà piede ed il rione sarà interessato da una forte presenza di costruzioni religiose come chiese, basiliche e complessi conventuali.

Bisogna dire che in questo luogo non vi era un vero e proprio piano regolatore, esistevano sì dei progetti per delle strade su predisposizione del Viceré, ma l’edilizia era per lo più spontanea con l’assenso-silenzio delle autorità che faranno aumentare le costruzioni abusive[13]. Nel quartiere si ha la presenza di case lungo i fianchi del canale che permetteva lo scorrimento dell’acquea, acqua che si riversava a mare, acqua che scendeva dalla collina di Capodimonte e da altre zone circostanti dando l’impressione di una lava, la “Lava dei Vergini”, appunto.

Di tutto questo approfittarono i religiosi che incominciarono il loro progetto di costruzione e riconversione grazie anche alla Controriforma; infatti nasce in torno a quest’anni la chiesa si S. M. della Misericordiella, di S. M. dei Vergini, di S. M. della Vita, il Complesso Conventuale di S. M.
Antesaecula, la basilica di S. M. della Sanità. Questo dimostra che c’era un forte tentativo di urbanizzazione, che realmente si verificherà, ampliando maggiormente il rione. E’ importante notare come la massiccia presenza nel borgo di costruzioni ecclesiali, ospedali e conservatori, come pure di residenze nobiliari, non si accompagnasse necessariamente ad una connotazione di eleganza e di buona fama […]. Al contrario è noto che nel corso del Cinquecento esso era interessato dalla presenza di prostitute, secondo un fenomeno diffuso a Napoli, soprattutto nelle zone più densamente popolate, e indirettamente incentivato dalle Autorità governative attraverso il versamento delle gabelle da parte delle meretrici, introdotto nel 1401 e perdurato fino al 1640[14].

Durante il Viceregno austriaco nascono importanti palazzi nobiliari, come palazzo Moscati (detto dello spagnuolo), palazzo Sanfelice[15], palazzo Terralavoro ed altri delineando sempre più il carattere cittadino del luogo. Con Carlo di Borbone il quartiere sarà riconosciuto come parte del tessuto urbano della città di Napoli. Dando inizio alla costruzione della Reggia di Capodimonte e di un parco, che abbelliva e gratificava maggiormente la sosta dei reali, nella valle Sanità inizia un
periodo di espansione edilizia, sostenuto da signori e notabili che vollero avvicinarsi alla Corte. Naturalmente sarà volontà di chi l’espansione l’aveva voluta di ampliare la zona cimiteriale facendo diventare il rione un importante centro economico e politico.

Purtroppo, con l’arrivo di Giuseppe Bonaparte, il quartiere subirà una estrema periferizzazione e marginalizzazione[16]. La realizzazione del ponte (oggi conosciuto come ponte della Sanità), fu fatta proprio per ordine del già citato Giuseppe Bonaparte, che impegnò un architetto, Nicola Leandro, affinché progettasse un percorso che rendesse più facile il viaggio del re che, da Palazzo Reale, si muoveva per raggiungere la Reggia di Capodimonte[17]. A quest’ultima esigenza corrisponde anche l’avvio al processo di espansione della città verso settentrione, che condurrà ancora di più il rione verso una maggiore ghettizzazione: d’ora in poi tutto sembra passare al di sopra del ponte. Oltre ad un male “sostanziale”, la sua edificazione ha portato anche ad un male “fisico”, un male che ha abbattuto in un solo colpo la bellezza del convento domenicano e della basilica di S. M. della Sanità, facendo entrare due piloni del ponte direttamente nel chiostro a pianta ovata, espropriandolo della sua storica bellezza. Come sostiene il Romano, “…il territorio che ci interessa ha subito numerose modificazioni in seguito ad un intervento urbanistico […] …il governo napoleonico che, con la sua pur breve gestione, dell’area urbana di Napoli, ha lasciato tracce durature, ed essenzialmente benefiche, decretò il prolungamento di (via) Toledo fino a Capodimonte. Ciò fu realizzato per mezzo di un ponte che scavalcava la vallata Sanità. Si trattò di un intervento radicale, che era destinato a modificare declassandolo, l’insediamento sottostante, ma che, soprattutto, ne avrebbe annullata completamente la funzione di passaggio obbligato[18]”.  
Il decennio francese intese il processo di espansione favorendo la laicizzazione di Napoli e sostenendo la creazione di nuove strade, come d’altronde era previsto per l’intera penisola.

Che il quartiere della Sanità sarebbe rimasto “sepolto”, facendosi dell’antico borgo non più il tramite con l’entroterra, ma una autentica sacca senza sbocco, e pregiudicandone per sempre non solo il tessuto storico-architettonico, ma anche quello sociale, è tuttora facilmente constatabile[19].

Un breve cenno introduttivo va anche fatto per il noto “Cimitero delle Fontanelle”, ormai chiuso da diversi anni, ma che prima era visitato sia dai turisti sia dalla gente della città e del rione. Per quando riguarda il nome di via Fontanelle, Gino Doria, nel suo Saggio di Toponomastica Storica ci informa che “In questa zona, alle radici del colle di Capodimonte, dovevano essere un tempo delle piccole fontane, o naturalmente sorgiva, o artificiali che fossero”. E ancora alla voce Cimitero delle
Fontanelle
si legge: “Il pauroso e pittoresco ossario delle fontanelle, in enormi cave di tufo custodisce, disposti con macabro senso architettonico e decorativo, i resti delle vittime dell’epidemia di colera del 1836, aggiuntivi altri numerosi scheletri scavati in vari punti della città”.

La Seconda Guerra Mondiale ha lasciato il segno soprattutto in corrispondenza della zona relativa a Salita Capodimonte dove adesso vi sono ancora, a distanza di più di mezzo secolo, le prove di quei bombardamenti. Ed è per questo che anche nel quartiere si organizzerà la resistenza popolare ai nazifascisti, infatti proprio all’inizio di via dei Cristallini, barricate ostruirono il passaggio di quest’ultimi che tentavano di risalire via Foria/Museo. Testimonianze orali, e oggi anche ufficiali, ci confermano che questa parte di Napoli partecipò attivamente alla resistenza. Qualche anno fa sul casotto dell’ascensore, che da piazza Sanità porta a via Santa Teresa degli scalzi, è stata posta una lapide per ricordare Maddalena Cerasuolo, detta “Lenuccia”, che insieme con Dino del Prete e Oreste Tammaro, riuscì ad evitare che il ponte fosse minato e distrutto dai tedeschi. Sulla lapide commemorativa si legge: ”A Maddalena Cerasuolo Lenuccia eroina delle quattro giornate del 1943 in perenne ricordo e ammirazione il Comune di Napoli e l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza posero – Napoli 3 Marzo 2000”.

Dopo la Guerra il rione si contraddistinguerà per la prevalenza di operai e artigiani, dalle numerosissime botteghe di maestri lavoratori di pelle per la fabbricazione di scarpe e guanti, alle centinai di abitazioni a livello stradale (i bassi), dove si lavorava continuamente e dove tutti i parenti partecipavano all’economia familiare. Singolare erano anche le molte fabbriche, ma anche abitazioni, che si trovavano nelle cavità di tufo, dove tutt’oggi i resti di una fabbrica di fuochi d’artificio sono visibili al pubblico[20]. L’ex scuola Lombardi, l’I.P.C Caracciolo con alcuni fabbricati presenti nelle vicinanze e soprattutto il polo sportivo di San Gennaro dei Poveri sono tra le poche testimonianze del nostro tempo che tuttavia aspettano di essere rilanciate in virtù di una politica di risanamento che ancora oggi il rione Sanità aspetta. [+blogger]

“La ricchezza dei guantai” – Introduzione 

[1] Per quanto riguarda la storia del rione Sanità, quartiere ricco di monumenti, di chiese, di palazzi nobiliari, di monasteri e di catacombe, come breve ricostruzione del passato, questi cenni non soddisferanno sicuramente l’interesse dello studioso che intende approfondire le sue conoscenze su questa parte di Napoli. Si spera, almeno in parte, attraverso un’opportuna bibliografia, di esaudire parzialmente i più interessati e di rimandare a tale bibliografia per una lettura più completa. 

[2] Buccaro Alfredo “Il Borgo dei Vergini” (storia e struttura di un ambito urbano) – CUEN editrice – 1991.

[3] Cfr. Capaccio, op. cit., pag. 815

[4] Boll. Attività IREDA I, 1986-1991 pp.63-82, 6 figg. “Sanità: la via dei sepolcri”

[5] Costa G. “Il Borgo dei Vergini” – Napoli, 1981 

[6] Tale interpretazione è stata fatta di recente. Abbiamo voluto citare questa fonte in quanto opera di alcuni studiosi in cerca di altre spiegazioni. 

[7] Basilica di S. M. della Sanità

[8] Ora Efrem Vecchio

[9] Ora S. M. della Vita

[10] “Appunti sul Comitero delle Fontanelle” di Ferri Missano Antonella

[11] “Spunti per una analisi antropologica della complessità di un quartiere urbano: il rione Sanità” di Fulvia D’Aloisio, 1995

[12] Cfr. Buccaro, op. cit., pag. 64

[13] Le autorità restrinsero ulteriormente l’abusivismo con controlli solo verso quella parte di edilizia più povera, e favorirono direttamente e indirettamente il clero e i più ricchi con il rilascio delle licenze verso quest’ultimi.      

[14] “Spunti per una analisi antropologica della complessità di un quartiere urbano: il rione Sanità” di Fulvia D’Aloisio, 1995

[15] All’inizio del XVIII secolo, l’Arch. Sanfelice investe la sua arte nel rione, costruendo, oltre il già citato palazzo, anche altri due alla via Sanità e partecipando alla costruzione della chiesa Succurre Miseris. 

[16] Con l’avvento del governo napoleonico, la città venne coinvolta da quel movimento culturale ed urbanistico che costituisce il giro di boa da una concezione ancora arcaica degli agglomerati urbani… Boll. Attività IREDA I, 1986-1991 …pp.63-82, 6  figg.  

[17] In realtà il libro, a cura di Alfredo Buccaro, riporta la citazione corrispondente – Cfr ASMN, Tribunale di Fortificazione – e riferita al fatto che “Nell’ambito della presente ricerca è emerso un documento di estremo interesse in base al quale va anticipata al 1780 la data della proposta di una nuova strada per Capodimonte, in alternativa all’incomodo percorso dei Cristallini…”. – pag. 73. 

[18] Romano Renato – Boll. Attività IREDA I, 1986-1991 pp.63-82, 6 figg. “Sanità: la via dei sepolcri”

 [19]  Cfr. Buccaro, op. cit., pag. 79

[19] Doria Gino “Le strade di Napoli” – ed Riccardo Ricciardi. Per una lettura più approfondita si veda De Matteis e Niola “Antropologia delle Anime in Pena” – Argo. Mariniello Alfredo “Il Culto dei Defunti a Napoli”.

[20] Vico delle Carrette (Santa Maria Antesaecula)

 

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