La festa che si è svolta venerdì, e che ha richiamato quella più antica delle “lampedelle”, che si accendevano per tutto il quartiere anticipando l’uscita del Munacone, è il continuum di tutto quello che si sta facendo separatamente nel rione. Da una parte la “rinascita” attraverso la riscoperta delle opere d’arte, dall’altra il lavoro di recupero degli ultimi, che va avanti nel silenzio ormai da più di quarant’anni.
Mentre è acclamata la voglia di far ritornare quanti più turisti possibili, la collettivizzazione della ricchezza è cosa piuttosto lontana. L’economia circolare, che per ora ha una sola via, mentre bisogna attivare quante più vie possibili per ricostruire “il virtuoso”, non può essere sostenuta da questo tipo di sviluppo unilaterale. La ricchezza economica non è la causa ultima del rinascita del quartiere.
Naturalmente chi si impegna per questo tipo di mercato è in buona fede, ma gli elementi di ingenuità e di approssimazione sono evidentissimi. Questo tipo di ricchezza ha prodotto benessere per pochi e allo stesso tempo povertà per molti. E’ immorale guadagnare 30milioni di euro ogni anno… ed aggiungo, solo per tirare un pallone. La ricchezza smodata ha sempre la sua legittimazione.
Non mi piace vedere un quartiere che giustifica le sue incongruenze; questo tipo di ragionamento è il fulcro dell’incapacità di porre fine alla povertà. Quella stessa incapacità che non è privazione psicologica o insostenibilità politica, ma egoismo allo stato puro. Esso preserva ogni forma di legittimità e discolpa ogni sorta di aberrazione in nome di una continuità emotiva. Non bisogna essere tutti ricchi e neanche tutti poveri, basta essere tutti uguali. [+blogger]