Un luogo vecchio, anzi, vecchissimo. La sensazione è di essere stato in un vicolo dove il tempo, prima si è fermato, poi è tornato indietro. Mi ha accompagnato mio cugino Peppe che, in questo slargo, ha vissuto molti anni della sua infanzia. Vicoletto Tronari vive isolato dal rione e dalla città, le sue mura scrostate dal tempo misurano una vecchiaia senza storia. E’ un luogo “immaginato”, dove il trapassato remoto è un tempo sconosciuto. Netta distinzione tra i tavolini delle vie principali del quartiere, dove il turista avvolge le sue principali conoscenze, e la magnifica distrazione che non lascia il tempo di riflettere.
Le foto, frame di un video, catturano la realtà e la trasportano in una condizione umana che la miseria non vuol sentire. Vedere direttamente ti avvolge di una sensazione del nulla, non è pietà né depressione. Peppe mi racconta che Sessant’anni fa, in quella “piazza” privata di ogni cosa, c’era un grande tavolo, la maggior parte degli abitanti dei bassi, quattro cinque piccole stanze che formavano un quadrato circoscritto, mangiavano uniti tutto quello che riuscivano a mettere insieme. Mi ha anche riferito che, quando aveva cinque o sei anni, da una di quelle finestre oggi disabitate, gli cadde addosso una donna dal primo piano: miracolosamente rimasero illesi entrambi.
Questi brevi racconti si sono fermati. La fantasia e il ricordo nascono quando qualcosa si trasforma. Qui invece tutto è rimasto uguale, anzi, è peggiorato come afferma Peppe. Quindi è come se si fosse fermata anche l’immaginazione. Il ricordo, netto, stona in gran sintonia con i magnifici palazzi del Sanfelice. Eppure qualcosa mi fa pensare a una continuità mai separata. Il ponte della Sanità che ha tranciato in due il bellissimo chiostro seicentesco. Siamo impazziti dalla vergogna, anche se oggi è il simbolo più evidente di un quartiere che vanta un ipotetico modello da imitare.
La povertà paralizza un luogo, ma non tutti ci credono. Gli stessi abitanti che oggi popolano questo singolare vicoletto, vogliono rimanere nell’anonimato. E’ giusto. Anche i ricchi fanno così. Ma che cosa può ridare dignità a questo luogo? Le criticità sono quasi tutte uguali, non si esauriscono mai, hanno sempre un contraltare e finisco per rappresentare il nulla nella migliore delle ipotesi. [+blogger]