“Iniziarono i lavori di restyling della via Vergini e noi restammo a guardare per parecchio tempo. Ci dissero che il progetto sarebbe servito a riqualificare le strade e a migliorare la viabilità e la gente del quartiere. Erano gli anni Novanta e il Progetto Urban voleva rendere il rione più bello. La fontana vicino alla chiesa dei Vergini non aveva mai funzionato e i dissuasori furono divelti dopo pochi giorni. Si continuava a usare il doppio senso di marcia anche se, ci avevano assicurato, era a senso unico”. Colpa della fretta e delle cose fatte senza cognizione di causa. Una miriade di soldi dovevano essere spesi ed ecco che il primo architetto decideva, di sana pianta, che il bello era funzionale alla Sanità. Il bello? E cos’era il bello? Veniamo ai giorni nostri.
Camminare alla via Arena alla Sanità è diventata un’ impresa. Qualche anno fa sbandieravano il nuovo progetto di riqualificazione stradale, questa volta ad opera di privati, della via Arena alla Sanità, come progetto simbolo della rivoluzione. Attraversarla con la moto o con l’auto è come camminare in una bolgia dantesca. Nei cinque/sei metri di larghezza, tra scooter, auto e a volte anche camion che sostano, è impossibile transitare. E’ molto pericoloso sia per chi guida e soprattutto per i pedoni.
Lo spazio per la circolazione a piedi è ancora più precario. Il progetto ha sì allargato questa zona, per poi stringerla subito dopo per lasciare spazio ai tavolini dei bar delle pizzerie e delle pasticcerie. Al lato opposto della strada succede la stessa cosa con la merce dei commercianti lasciata fuori indiscriminatamente. Questo è il progetto “bello”, lo stesso identico di quello degli anni Novanta. Adesso bisogna chiedere e dar conto a chi? In passato scomodarono i guappi di quartiere. Adesso chi bisogna scomodare per far comprendere che, se il bello potesse realmente salvare un luogo, basterebbe una sola opera di Luca Giordano, per scongiurare l’eterno binomio bene/male. [+blogger]
