Il titolo dell’articolo è il precorso turistico più gettonato degli ultimi dieci anni, percorso che avvicina il rione Sanità alle altre mete turistiche napoletane, come la cappella san Severo, Spaccanapoli, Castel dell’Ovo, il museo Nazionale ecc. Un turismo spazzato via in un solo giorno, con centinaia di b&b stroncati dalla crisi e dall’epidemia. Il progetto nel quartiere è (era) quello di far arrivare quanta più gente possibile, così come la trasformazione costante di piccole attività che offrono cibo e divertimento immediato. Il borgo Vergini è (era) diventato luogo di attrattiva turistica con spinte radical chic, e un rapporto con la popolazione autoctona quasi pari a zero. Tutto è stato gestito per sfruttare il boom economico dei visitatori ignari di tanta bellezza: la bellezza delle Catacombe di San Gennaro, dell’Ossario delle Fontanelle, degli ipogei, di santa Maria della Sanità ecc. Adesso cosa cambia? Quali strategie si adottano per fronteggiare questa nuova povertà? Il progetto Ospedale san Gennaro, in parte localizzato per creare attrattive turistiche, che fine farà? E il Mendicicomio della via Cristallini? I “nuovi” commercianti di take-away, o quelli che hanno improvvisato tavolini “mordi e fuggi”, che strategia adotteranno per riprendersi parte del mercato?*.
E’ inutile ribadire quante volte ho scritto a riguardo, contro un turismo di massa che non ha capacità collaborative con gli abitanti, che butta fuori per lasciare posto al commercio irrazionale, che arricchisce pochi e crea una nuova, ed adesso, particolare povertà. Tutti quelli che hanno convertito la loro attività precedenti, attualmente devono fare i conti con il covid-19 che impedisce le masse (o meglio, gli assembramenti), e che obbliga a rivedere il passato come attrattiva possibile. Molte case nel quartiere si sono svuotate per lasciare posto alle attività turistiche. In qualsiasi agenzia immobiliare vai, la prima cosa che di dicono è, “ti serve un appartamento per fare un b&b? Adesso questo non è più possibile, e delle migliaia di case vuote, comprese quelle del quartiere Sanità, bisogna pur occuparsene. Ma che fare? Come rinvigorire un settore che adesso è al collasso, e lo sarà ancora per molto tempo? Una piccola risposta la prendo a prestito dall’articolo di Francesco Erbani, attraverso una serie di interviste fatte su l’Internazionale. Copio e incollo. E in generale lo spazio pubblico, aggiunge Agostini, “deve riprendersi il posto quale perno per la riorganizzazione della città: lo spazio pubblico, diceva Simone Weil, ‘è un’esigenza dell’anima’”. Quello spazio pubblico nel quale le persone s’incontrano sentendosi cittadini e non solo consumatori, e dove invece, spiega Semi, si è esercitata con costanza la gentrificazione… E poi, che cosa resta in eredità, solo buchi da riempire o anche occasioni per cambiare direzione di marcia? Agostini pensa per il futuro a una città “ridondante” … Servizi che dunque possono essere visti come “ridondanti” rispetto alle funzioni per le quali quegli edifici erano stati pensati: caserme che non diventano hotel di lusso o che restano lì vuote a deperire perché il mercato immobiliare è fiacco e che invece – come auspica anche Giampietro Pizzo per Venezia – possano accogliere alloggi di edilizia popolare, giovani che cercano locali per lavori innovativi, associazioni culturali, di quartiere, di volontariato, presidi ambulatoriali o anche abitazioni temporanee per trascorrere una quarantena e perfino trasformarsi in reparti ospedalieri d’emergenza.
Guarda caso quest’ultima affermazione è tra le più significative per chi si è battuto, e si batte tutt’ora, contro la chiusura prima e poi la riapertura dell’ospedale san Gennaro dei poveri. Ma contro la chiusura forzata del rione Sanità, contro la chiusura di quasi tutti i suoi presidi di legalità ho scritto e riscritto molte volte. Non mi auguro un quartiere senza visitatori. Mi auguro meno falsità. E per falsità non intendo essere più sinceri, ma ripercorrere e ripensare ad una produzione non solo in termini economici, ma anche in termini utili. Utile che si frappone al futile. Consistente che si frappone alla debolezza individuale, omogenea e non discontinua. Prendendo in prestito un esempio che già ho usato per altri articoli: i greci costruivano pensando alla consistenza dell’edificio, alla sua robustezza, alla sua staticità… Si pensava al balcone ampio e spazioso, alla luce del sole, alla utilità che serviva per la sopravvivenza, alla sua comodità, alla gestione degli spazi, all’altezza ecc. L’edilizia moderna invece ha ridotto il confort abitativo, così come ogni sua singola gestione della vita sociale. Si è passati da una scelta razione pensata per l’esistenza ad un’altra in termini di ricavi economici e di surplus. [+blogger]
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