processo inverso

Da circa 10 anni il quartiere vive un processo invertito di riappropriazione di spazio e di civiltà. Per certi versi identifico questo processo come qualcosa di parallelo, un inizio di una “altra economia” che nei presupposti è virtuosa ma che nel tempo si sta mostrando catalizzatrice. Ciò che delineano i presupposti sono azioni meramente formali; il succo, la cosiddetta coscientizzazione, è inesistente perché dettati da elementi economici. La rivoluzione, il nuovo, l’alternativa non deve cavalcare il regime della maggioranza, quello che, invece, inevitabilmente sta succedendo nel rione.

Se di rivoluzione si tratta, essa non può essere guidata da un gruppo di riferimento già comprovato. Il nuovo nasce dentro, non s’aggrappa ad elementi, per usare un termine improprio, sconosciuti. Per certi aspetti ho notato questi movimenti paralleli inevitabilmente prendere piega opposta: fare, mostrare qualcosa, legittimarla perché già confezionata e precostituita. Fondamentalmente è questo un processo autoritario che non ha nessuna forma di partecipazione.

Non credo che si voglia il male del quartiere, ma c’è una irresponsabilità nell’affermare certe peculiarità. Questo luogo [napoletano] c’è sempre stato, così come le sue pietre e le sue strade. Quello che non c’è mai stato, viceversa, è il suo esaurimento. Come dice qualcuno, la terra non va sfruttata ma lavorata in equilibro. Un centro turistico è sempre meglio di un centro scommesse, ma esso non può rappresentare la norma, non può essere risolutivo, funge sì da catalizzatore, ma è inappropriato proprio perché rappresenta il fallimento di una gestione speculativa.

Per certi versi sto esagerando e lo sto facendo intenzionalmente per rimarcare che il metodo, di come si fa, di come si costruisce qualcosa, è indispensabile; apprendo ciò che guardo, quello che mi dicono, quello che sento nell’aria, ma il “cambiamento” (e le virgolette le metto per rimarcare che i processi hanno luogo nella formazione culturale), non può essere prerogativa di una costituzione sociale fittizia e priva di umanità.

Per citare Paulo Freire: Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da solo, gli uomini si liberano in comunità. Giro l’articolo alla mia amica Lorenza Zullo, del quartiere Pilastro di Bologna, con la speranza di una risposta che possa affermare, contraddire, dire tutto e/o il contrario di tutto. [+blogger]

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