tira le forchette

“Napoli ‘a mantenevane ‘e guantari e ‘e scarpari”. Così Patrizia di vico Sanfelice mi disse un po’ di tempo fa. Nel rione alcune famiglie che avevano la casa un po’ più grande, conciavano le pelli in lacune stanze. Sul terrazzo all’ultimo piano, le mettevano ad essiccare sotto una pensilina o fatta di legno o di pvc. Le pelli venivano lavorate con estrema cura, tirate in lunghezza e non in larghezza. Erano bianche quando non veniva usato il cromo asciutto per colorarle. Carmine, un maestro tagliatore della Fabbrica di Valentino, mi volle fare assistere ad un taglio a regola d’arte. Aveva più di sessant’anni e, quando lavorava sul tavolaccio, ripeteva tra se “che bello questo suono”: era la forbice che lambiva la pelle. Si rivolse a me dicendomi: “Ascolta il rumore del taglio. E’ un rumore singolare, regale”. Tagliava le quattro dita con una sagoma di cartone e dopo aver finito, odorava continuamente la pelle. Carmine era un operaio modella della fabbrica delle Fontanelle. Era uno dei macchinisti più apprezzati del rione e un guantaio di eccellente fattura. Era un lavoratore che faceva un doppio mestiere. Era un intenditore.

Patrizia invece faceva solo le forchette, tagliava dei pezzi di pelle di scarto che servivano per cucire i lembi interni del guanto. Era una cosa abbastanza facile. Patrizia lavorava per strada, fuori al basso di vico Sanfelice. Amava il vicolo il suo lavoro. Quando però le chiesi cosa era per lei la felicità, mi rispose senza pensarci su: “la mia indipendenza”. Con le forchette non guadagnava molto, ma disse ancora: “Sono poche le monete che guadagno, ma se voglio andarmi a mangiare una pizza gigante, non devo dar conto a nessuno. Se fai le pulizie in una casa è possibile che devi andare anche il sabato. Se fai i macellaio, il salumiere oppure il pasticciere devi lavorare di più nei periodo di festa. Il lavoro che faccio io si fa dal lunedì al venerdì, basta”.  Le chiesi di nuovo: che fai il sabato mattina quando non lavori. Mi ripose ancora una volta con prontezza “la prima cosa mi faccio un caffè con tutta la calma di questo mondo e subito dopo, mi affaccio alla finestra e guardo per molto tempo il vicolo. Questo è il vicolo più bello del mondo”.

Patrizia e Carmine erano due colleghi. Patrizia e Carmine erano amanti. Un giorno andarono assieme a Nola. Volevano aprire una fabbrica di guanti. Gli chiesero, nella conceria in provincia di Napoli, quanti capitali avevano a disposizione. I due si guardarono con estrema curiosità. “Abbiamo la nostra esperienza, non va bene”?, disse lui. Per tutta la giornata Carmine e Patrizia rimasero a guardare il lavoratori che tiravano, che conciavano, che lavavano con le mani nell’acqua, e che trasportavano le pelli da un posto all’altro. Rimasero fino a quando suonò la sirena, erano le 17,30. Ritornarono ognuno nelle loro case. Patrizia nel suo basso, Carmine nella sua stanza in affitto. Il giorno dopo, era venerdì, lui prese la via delle Fontanelle; lei vide che pioveva e si mise a tagliare le forchette dentro casa. I due amanti avevano sperato. Ma non erano tristi, erano solo fiduciosi. Non ci sarebbe stata nessuna nuova fabbrica di guanti. Patrizia era felice perché il giorno dopo era sabato. Anche Carmine era felice ascoltando di nuovo il rumore singolare, regale delle forbici. [+blogger]     

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