INTRODUZIONE
Sono scarsissimi, se non inesistenti, i lavori sull’attività artigianale napoletana, in particolare su quella dei guantai. Non è stato facile costruire tali storie. La costruzione e i percorsi lavorativi, il mestiere e le fasi alterne, le crisi economiche che hanno colpito questa specifica attività, le diverse strategie che le famiglie hanno saputo attuare per arginarle, sono state il frutto di una minuziosa ricerca attraverso interviste e indagini sul campo.
Avendo individuato nel rione Sanità il quartiere storicamente sede di tale attività, abbiamo lavorato, attraverso la storia orale, a costruire la sua storia e l’attività dei guantai che vi si svolgeva. Abbiamo ascoltato diversi vecchi abitanti del posto, intervistato commercianti e lavoratori operai; abbiamo consultato il parroco del rione e qualche responsabile di associazione. Abbiamo partecipato a diverse riunioni del comitato per la festa di San Vincenzo Ferrer, patrono e santo protettore del quartiere. Oltre alle numerose chiacchierate con uomini e donne del luogo, anche solo per bere una tazza di caffè e per sapere se anche loro avessero lavorato ai guanti oppure avessero avuto qualche parente o amico guantaio.
Tali interviste sono risultate importanti come lavoro propedeutico alle ricerche sui guantai ed ex-guantai e ad introdurci nelle famiglie che un tempo lavoravano, e che lavorano tuttora, la pelle.
La breve storia del rione Sanità nasce, anch’essa, da un intervista fatta ad un architetto che vive nel quartiere, esperto dell’arte barocca e particolarmente competente sull’arte del Sanfelice. Naturalmente molto più facile è stata la ricerca bibliografica inerente a questo capitolo.
Per quel che riguarda il discorso sulla tipicità del lavoro guantario a Napoli (in specifico del quartiere sanità), le fonti scritte consultate sono state piuttosto scarse, solo grazie all’intervento di qualche imprenditore e, grazie alle stesse interviste fatte alle famiglie di guantai ed ex-guantai, abbiamo avuto modo di scoprire le caratteristiche e la particolarità di questo mestiere.
Nel capitolo “Il Rione dei Guantai” viene illustrata, schematicamente, la vita di diverse famiglie di guantai e guantaie che, negli anni quaranta, lavoravano assiduamente nel rione. Attraverso le differenti testimonianze di alcune donne del luogo, si sono costruite anche le varie reti di relazioni e di rapporti lavorativi che, non solo la famiglia d’origine, ma anche conoscenti e lavoratori saltuari intessevano nel quartiere.
Abbiamo descritto le diverse e complicate fasi di costruzione del guanto e i numerosissimi passaggi di mano, senza i quali questo mestiere non sarebbe possibile. Attraverso alcune interviste in profondità[1] si sono ricostruite tre generazioni di guantai.
Abbiamo poi seguito alcuni casi (gruppi familiari ed imprenditoriali), per analizzare a livello micro il rapporto tra risorse familiari, territorio e attività artigianale.
Attraverso la testimonianza di Salvatore Notturno abbiamo potuto seguire il percorso di alcuni di questi lavoratori all’estero. I nonni paterni e materni, napoletani entrambi, emigrarono (come d’altronde fecero anche molti italiani), per impiantare una propria lavorazione di concia e pelle per guanti a Grenoble. Dal 1898 la sua famiglia ha prodotto guanti in pelle in competizione con i maestri partenopei, esportando in tutto il mondo e soprattutto negli Stati Uniti[2]. In fine si è cercato di costruire un piccolo modello che metta in relazione le diverse variabili analizzate: famiglia, territorio, attività economiche, congiunture storiche[3]. [+blogger]
[1] Si intende che siamo stati più volte a casa degli intervistati, abbiamo parlato del mestiere che un tempo svolgevano e di quello che attualmente svolgono; anche l’attività dei loro familiari e parenti è stato oggetto d’indagine e di discussione.
[2] Un’altra famiglia molto importante, ma che non è stato possibile intervistare, che da più generazioni produce e vende guanti in pelle a Grenoble è quella dei Perrin.
[3] Si vuol precisare che tutte le interviste, riportate in parte in questa tesi, per intero invece nell’appendice, sono state sbobinate senza correzioni sia del dialetto napoletano che della lingua italiana.
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